09 Set KARTIKA
22-08-30/22-11-27
Il Diwali è la festa indiana che celebra la vittoria della luce sull’oscurità. Trovo spesso ispirazione nelle culture orientali per realizzare le mie opere perché mi affascina l’approccio alla vita che hanno e la capacità alchemica di trasporre dei valori nella gestualità e negli oggetti che ci circondano. In quanto buddista non faccio distinzione tra l’essere umano e l’ambiente in cui vivo.E’ un concetto di interconnessione di tutte le forme di vita in una rete molto complessa, siamo un tutt’uno con ciò che ci circonda ed il nostro primo dovere verso noi stessi è proprio quello di riuscire a trovare degli equilibri tra l’interiore e l’esteriore per accrescere la nostra consapevolezza sul senso dell’esistenza stessa. Ho deciso di chiamare questo primo happening Diwali con il preciso scopo di trasbordare il concetto in una versione occidentale e creare un nodo di partenza per un diverso approccio esperienziale a cose semplici come : uscire in compagnia, incontrare persone, essere in un luogo nel suo senso più ampio. Mi è sembrato opportuno fare si che il punto di partenza fosse un locale nevralgicamente insediato nella vita cittadina come un cuore pulsante, un alveare a cui le persone possono fare capolino per attingere ad energie diverse.La sfida è quella di rivolgermi a un pubblico che per la maggioranza non avrebbe interesse nell’arte in sé o non frequenterebbe una mia esposizione in un contesto ufficiale come come un museo, una fondazione o una galleria. La pretesa è quella di diffondere il messaggio che l’arte nei suoi preconcetti antichi ha già cessato di esistere e che l’arte del futuro è un arte che diventa esperienza. La festa tradizionale del Diwali è centrata sul godere di gioia e positività (luce) è un augurio che si fa a se stessi e agli altri.Viene festeggiata nel mese indù di Kartika e celebra la luce con la luce nelle case e nei luoghi sacri.Si lasciano andare delle candele sulle acque del fiume sacro.Al Golden Temple, a Goa, il tempio viene completamente illuminato da lampade ad olio accese dalle persone. Ho pensato a Nomad come il tempio, l’alveare, l’organo ricettivo di un flusso di anime ed energia.All’interno Kartika, la mia esibizione, la sorgente di energia e di luce. Il fatto che le opere siano visibili nella loro forma energetica solo di notte restituisce questo sinonimo di significati, la luce vince sull’oscurità, la luce vince sul buio, l’energia alza lo stato vitale. Per la pigmentazione ho scelto un misto di basi acriliche e sintetiche Fluo ispirandomi a Keith Haring e alla vita newyorkese dei locali notturni tra gli anni 60 e 70, ho dipinto immaginando che Nomad fosse la Factory di Warhol al quinto piano del 231 East 47th Street. Trovo che tutti questi temi siano estremamente attuali soprattutto in Italia e nel preciso momento storico sociale in cui ci troviamo. Sulle tele che vengono presentate l’aspetto formale è una fusione di liquidi in costante movimento, la fusione tra spiritualità orientale e libertà sessuale e di espressione occidentale negli anni del boom economico. Oggi è questo che manca, abbiamo tutte le risorse possibili per riuscire a trovare questi equilibri ma non siamo capaci ad incanalarle per essere umanamente migliori.* Al Nomad ha inizio Karika, da qui parte la luce.
The River UpsideDown è l’opera più importante : 5,40 metri di dipinto appeso al soffitto e irrorato da lampade di Wood, un’opera che vuole far perdere gli equilibri interiori dell’interlocutore trascinandolo in una dimensione parallela.
Alla mostra è possibile trovare anche una video-installazione di cui la musica è stata realizzata personalmente come “mantra” di introduzione.